L’architettura frugale è un’architettura del residuo che sa impiegare al meglio i materiali naturali e locali o riciclare quelli trovati; un’architettura dell’ipoconsumo piuttosto che del consumo o dell’iperconsumo.
Un’architettura che nasce dalla necessità e dalla semplicità eppure in grado di aprire nuovi scenari espressivi attraverso la sperimentazione di materiali da costruzione alternativi e inaspettate sinergie tecnico-costruttive capaci di indicare nuovi scenari produttivi e industriali per un futuro sostenibile.
Agli antipodi dell’edilizia massificata ed energivora, riproducibile all’infinito e indipendentemente dal luogo di costruzione, l’architettura frugale appartiene a un sito e a una cultura specifica; adotta sistemi di costruzione – tradizionali o anche altamente innovativi – improntati a grande flessibilità d’uso al fine di dar vita a manufatti non replicabili, costruiti da maestranze non necessariamente specializzate e, per questo, di grande varietà espressiva. L’architettura frugale promuove forme di sviluppo locale mediante il reale coinvolgimento delle utenze e la cantierizzazione dell’intervento aperta alle capacità tecniche presenti.
Si tratta di edifici realizzati principalmente con materiali di scarto, risorse e budget limitati, che offrono una positiva ricaduta sociale. La maggior parte di questi edifici sono infatti economicamente accessibili anche alle comunità meno abbienti; il loro processo di costruzione le vede anzi spesso coinvolte offrendogli opportunità di formazione professionale e di occupazione. La necessità di sfruttare al meglio le risorse naturali li rende efficienti, intelligenti e certamente eco-compatibili, perché impiegando materiali di scarto trasformano questi elementi da problema in risorsa.
L’architettura infatti deve cambiare passo. C’è bisogno di una rivoluzione ecologica: lo impongono i dati. Entro il 2010, secondo le valutazioni ONU, nel mondo ci saranno oltre 50 milioni di rifugiati ambientali; altre stime prevedono che entro il 2050 il 75% della popolazione globale si concentrerà nelle città, risiedendo per lo più in enormi megalopoli schiacciate da vastissime periferie degradate.
L’architettura, per essere davvero tale, non ha altra scelta che riassumere nuovamente una forte responsabilità sociale.
Cinzia Abbate.
giovedì 25 marzo
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